C’eravamo tanto amati: la spia che venne da Reggio
Anche Reggio ha avuto il suo agente segreto. La storia di Sante Barillà da San Roberto agli States allo spionaggio
1942, 21 agosto, ore 6,25 del mattino, cortile di Forte Bravetta, periferia di Roma.
I passi del plotone, scarponi chiodati e cadenza serrata, risuonavano lugubri nell’incanto dell’alba estiva.
Dietro di loro, dopo l’ufficiale gallonato e il prete, il condannato avanzava caracollando, i polsi serrati in schiavettoni crudeli, le gambe molli e piegate dalla paura e il viso contratto nella smorfia atroce del terrore. Pochi minuti.
Le ultime parole del sacerdote, e la sua benedizione.
Le parole smozzicate del pover’uomo, supplicante fino all’ultimo, liberato dai ferri e legato ad una sedia, con le spalle rivolte al drappello di militi. Puntate. Fuoco.
Terminava così la vita terrena di Sante Barillà, originario della provincia di Reggio Calabria, spia al servizio degli alleati operante tra Marsiglia e la Liguria, catturato dal controspionaggio prima di poter nuocere in alcun modo alle forze armate italiane, ma inflessibilmente condannato a morte da un tribunale di guerra.
Chi era in realtà il malcapitato?
La sua storia è tipica. Nato a San Roberto il 20 Settembre 1891, immigrato negli States fino al 1925 da dove ritorna con un discreto gruzzoletto, apre un negozio a Reggio che però, nel 1934, fallisce miseramente in seguito alla sua vita di sperperi.
Vive quindi di espedienti per quattro anni durante i quali un rapporto dei carabinieri lo definisce “uno spendereccio, un frequentatore di donne malfamate, un abile truffatore, un mistificatore e un individuo capace di qualsiasi cattiva azione a scopo di lucro”.
Nel 1938 si trasferisce in Francia, a Marsiglia, dove si mantiene come può, bazzicando il sottobosco criminale della città; viene espulso un paio di volte, ma rientra sempre cambiando identità fin quando scoppia la guerra.
Ad armistizio con i francesi firmato, l’Intelligence Service inglese lo contatta proponendogli una missione in cambio, naturalmente, di denaro.
E lui, senza pensarci troppo, accetta.
Assume il nome di Antonio Nunnari e rientra in Italia. Il suo compito è fornire informazioni sulle forze navali presenti nel porto di Genova. Ma prima di farlo, mosso dall’avidità o da chissà che altro, tenta addirittura di avviare un doppio gioco contattando una delegazione italiana a Marsiglia.
Povero fesso. Entrambe le parti gli forniscono soldi in valuta straniera. Ma appena giunto in Italia viene tallonato dal famoso cacciatore di spie, il capitano dei carabinieri Ettore Saraco, che lo lascia fare per un po’ di tempo durante il quale l’ingenuo spione cerca di passare informazioni all’una e all’altra parte. Il 10 novembre del ‘41 però Sante commette il passo falso decisivo: imbuca una lettera per i suoi complici italiani a Marsiglia dove, tra le righe sgrammaticate di un testo falsamente patetico, scrive con un inchiostro simpatico dozzinale la situazione del porto di Genova, indicando le navi presenti.
La lettera viene naturalmente intercettata e Sante finisce nella stanza degli interrogatori dell’OVRA.
Ma il capitano Saraco vuole farla completa, lo rende suo complice (promettendogli salva la vita) e con uno stratagemma attira in Italia i complici italiani del disgraziato, entrambi calabresi, Vincenzo De Stefano e Vincenzo Primerano.
I due verranno condannati a trenta e vent’anni di carcere (gli sarà riconosciuta la non consapevolezza del fatto), ma periranno entrambi durante il bombardamento della casa penale di Castelfranco Emilia del 17 luglio 1944.
Per Sante invece la condanna è alla pena capitale. A nulla varranno le sue suppliche, le ammissioni di miseria e di disonore, le lamentele per una vita disgraziata.
La sua ultima lettera ai familiari, conservata negli archivi con foto e altri documenti, è pateticamente drammatica.
Un povero sventurato, semianalfabeta ed incapace, stritolato dalle forze in campo, ridicola spia da due lire, millantatore più che agente segreto, per il quale però non ci saranno attenuanti, né sconti, né pietà.
Altro che James Bond.
Anche Reggio ha avuto il suo agente segreto.
Finito male, come finiscono male gli imbroglioni.