C’eravamo tanto amati: Matrimonio anni ’70, il cibo

Vitello con salsa tonnata, patate caramellate. Roba da 'nouvelle cuisine' che oggi richiederebbe un TSO. Il vino però era una garanzia: quello buono, di Palizzi

matrimonio anni '70

C’è evoluzione in tutto, la linea a volte arretra come nelle onde sinusoidali, ma poi riprende a salire, quindi s’incurva verso il basso, senza mai superare, idealmente, i minimi precedenti perché ciò che è fatto non si può rimuovere, e poi s’impenna salendo improvvisamente per un tratto, per poi assestarsi e tornare a scendere e così via, per sempre nei secoli dei secoli.

Così è nei diritti sociali, nei rapporti di forza, nelle questioni umane, nell’economia, nell’arte, nella possibilità di ricerca scientifica, nell’indagine sul senso, ma anche nel cibo e nella gioia di nutrirsi e di bere.

Si sale e si scende, incessantemente. Mi ricordo il primo matrimonio a cui partecipai, ero bambino, in un famoso locale reggino ancora attivo. Sfarzoso, per l’epoca: antipasto di prosciutto e melone, con il crudo di Parma che era una prelibatezza proibita ai poveri, accostato alla dolcezza del frutto giallo e saporito per un amalgama di sapori all’epoca inedita.

Dolce e salato, dicevano le vecchie zie ridacchiando scandalizzate, non ‘ndi vitti mai.

Oggi prosciutto e melone è un piatto che si trova tranquillamente nelle mense. Come il cocktail di gamberi o le pennette alla vodka.

Il primo piatto di quel matrimonio fu un azzardo epocale: tortellini con la panna! Incredibile! La panna (che poi era una specie di besciamella, ma molti non lo sapevano e pensavano a quella dei gelati) in un primo! Scandalo al sole.

Buonissimi però, i cosi giusti, direbbe un caro amico. La ricetta degli studenti squattrinati come punto di forza di un buffet per matrimonio, una bella spolveratina di parmigiano ed eccoci nel futuro, Odissea nel tortello, Houston abbiamo un problema, ormai si va sulla Luna figurarsi la panna usata così, ma non è la stessa delle granite, vagli a spiegare a questi vecchiacci boomer nel senso di  figli della seconda guerra mondiale, nel senso di figli delle bombe, boom, che erano ancora storditi dalla fame, figurarsi se pensavano alla panna nei tortellini.

Poi venne servito l’arrosto (finalmente un piatto comu e cristiani, disse quel vecchio parente) ma accompagnato da una inedita salsa tonnata. Esperienza da elettroshock! Mischiare il gusto del pesce con quello della carne, e che siamo ‘nimali, neanche i cani mangiano così, questo locale non mi vedrà mai più, ma i undi ci nisciu, il mio palato si rifiuta, quando arrivano le portate sane come da tradizione?

Che schifo che schifo che porcheria, la colpa comunque è del Partito Comunista adesso anche i figli degli operai mangiano l’arrosto ed in più come lo modificano? Che gli fanno? Lo boicottano con la salsa di tonno, non si era mai visto, questa è colpa della televisione che fornisce gli esempi sballati, ma dove arriveremo, stai a vedere che un giorno qualcuno infilerà la pancetta e la maionese nel buondì Motta.

Le zie svennero quando come contorno portarono le patate caramellate, si rischiò di andare alle mani con lo chef, no ma qui ‘ndi vonnu sputtiri, il padre della sposa voleva prendere il sovrapposto dal cofano dell’auto, lo zio schifiltoso rifiutò il cibo proclamando sciopero della fame, ma purtroppo per lui fu l’unico, lo sposo era impazzito o forse aveva bevuto, e la sposa aspettava un figlio e lui lo sapeva, ma questa è un’altra storia.

A fine pranzo arrivò il dolce, certi bignè rivestiti di cioccolata e ripieni di panna con un assurdo nome francese, i profiteroles (ci pari chi parrunu francisi e su raffinati, disse mio cugino che era ‘mbriacu già dal prosciutto e melone), ma devo confessare che, pur vergognandomene un po’, me ne sbranai una dozzina.

Il vino era una pregiata riserva casalinga di Palizzi (u vinu mu purtau me cuginu, e menu mali, sosteneva orgoglioso il padre della sposa, sarbai u pranzu), ma quel cugino sbronzo aveva bevuto birra, la super ricercata Nastro Azzurro che si chiamava così perché la bevevano sui transatlantici che facevano le gare per attraversare l’Atlantico, e quando vincevano si addobbavano con tanti nastrini azzurri.

Per noi bambini c’era la Coca-Cola, che già la bevevano i babilonesi, e l’aranciata Fanta perché, se sei giovane e vuoi farti zito devi per forza bere quella, perché l’arancione attrae le ragazze, dicevano, e magari noi ci credevamo.

L’evoluzione è meravigliosa, oggi questi cibi e questi beveraggi sono oggetto di archeologia gastronomica, fare lo chef è mestiere ambito quanto per noi boomers era fare l’astronauta o per i boomers della guerra prendere il posto fisso in ferrovia o al comune o alle poste; oggi se vi calate una Nastro Azzurro vi guardano storto e se ordinate un vitello con la salsa tonnata rischiate un trattamento sanitario obbligatorio, mentre le onde sinusoidali della storia se la ridono di noi umanoidi, convinti di essere sul promontorio dei secoli mentre, al massimo, siamo seduti su un bizzolo di Calamizzi, e se non sapete cos’è informatevi.

Ps. Il buondì Motta con pancetta maionese e formaggio è una mia invenzione, non mi copiate che vi denuncio, non fatelo, pì l’anima ri morti.

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