Il faro di Capo d’Armi: la sentinella dello Stretto
Dal 1867 orienta i naviganti: un viaggio nel faro più antico della Calabria che ha aperto le sue porte al gruppo guidato dall’associazione Il Giardino di Morgana - FOTO E VIDEO
Un simbolo magico, stagliato su un promontorio a picco sul mare, sospeso tra l’azzurro cangiante del cielo e dello Stretto, che rievoca storie di marinai, suggestioni, leggende e segreti da scoprire. È il faro di Capo d’Armi, il più antico della Calabria, che ha aperto le sue porte al gruppo guidato dall’associazione Il Giardino di Morgana, in un viaggio esclusivo tra storia militare, innovazione e panorami mozzafiato.
La sentinella dello Stretto
Il faro di Capo d’Armi, a Lazzaro, è molto più di una torre luminosa: è memoria viva della costa reggina, presidio della Marina Militare, e punto di riferimento essenziale per la navigazione marittima e aerea.
La sentinella dello Stretto, in funzione dal 1867, è il faro più antico della Calabria ancora operativo, e rappresenta un patrimonio storico e tecnologico di straordinario valore.
“Il faro di Capo d’Armi non è soltanto una guida per naviganti ma anche un presidio strategico e tecnologico sotto la gestione della Marina Militare Italiana. Si tratta di un faro primario, tra i 147 in tutta Italia, iscritto nel registro dell’elenco fari al numero 3380 e ha una identificazione propria, sia visiva diurna, quindi la struttura così come la vediamo, nella sua forma e nel suo colore, sia notturna, che sarebbe quella vera e propria che si manifesta col lampeggio” hanno esordito i responsabili del faro, Stefano Versace e Antonino Romeo (ex marescialli della Marina in servizio civile), “improvvisate guide turistiche” che hanno accolto i partecipanti accompagnandoli nel viaggio alla scoperta degli spazi segreti e degli affascinanti meccanismi della sentinella nostrana.
Un cuore tecnologicamente avanzato
Nonostante l’età, Capo d’Armi è oggi uno dei fari più avanzati della regione. Dotato di un’ottica rotante (al cui interno c’è una “lampadina” racchiusa in una griglia di cristalli tagliati che amplificano la luce e il calore) visibile fino a 22 miglia nautiche (circa 45 km), guida non solo le navi ma anche gli aerei diretti agli aeroporti di Reggio Calabria e Catania.
“E’ il faro più attivo che abbiamo in Calabria ed è anche il più alto, dove c’è l’ottica rotante siamo a 95 metri sul livello del mare, mentre Capo Spartivento che apparentemente sembra in posizione più elevata è solo 63 metri” ha spiegato, quindi, Versace.
Il cuore pulsante del faro è una lampada speciale amplificata da lenti di Fresnel, in grado di trasmettere tre lampi ogni 10 secondi (caratteristica univoca del faro riportata anche sulle carte nautiche).
In caso di guasto, entra in funzione una riserva a LED alimentata a batteria che comunque garantisce 5-6 giorni di autonomia.
Vita da farista: tra passato, presente e futuro
“Un tempo il farista accendeva e spegneva manualmente il faro, infatti i guardiani erano due perché dovevano darsi il cambio e vivevano nella struttura con la famiglia. Erano autonomi in tutto, avevano anche i pozzi, presenti tuttora, per la raccolta dell’acqua, pure di quella piovana che veniva usata per irrigare l’orto”.
Man mano, poi, si è passati al petrolio, alle bombole di acetilene e ai motori termici, “cioè dei motori diesel che venivano accesi e che ancora oggi sono conservati qui” hanno continuato i due responsabili.
Oggi, con la digitalizzazione, i fari sono automatizzati ma richiedono comunque manutenzione costante.
“Noi gestiamo il faro da remoto ma dobbiamo garantire sempre la manutenzione, la lubrificazione, la pulizia dell’ottica e il pronto intervento in caso di guasti, infatti siamo reperibili h24. Nell’ipotesi di avarie – ha spiegato Versace – innanzitutto dobbiamo effettuare la comunicazione alla Guardia Costiera che emette un avviso urgente alle navi, ai naviganti e, quindi, intervenire per cercare di risolvere”.
I fari gestiti da Versace e Romeo sono tre, oltre Capo d’Armi, anche quello di Capo Spartivento (Brancaleone) e di Punta Stilo (Monasterace). “Sono tutti gestiti da Reggio Calabria, sotto il comando di Marifari Taranto, che coordina oltre 3mila segnalamenti in Italia, e ciascuno ha le proprie caratteristiche di lampeggio, quello di Capo Spartivento tre lampi in 32 secondi e quello di Punta Stilo due lampi in 15 secondi” ha proseguito il responsabile.
“Il faro di Punta Stilo, risalente al 1895, inoltre – ha aggiunto Versace – va in ‘valore paese’, cioè significa che può essere aperto un bando di gara per essere dato in concessione ai privati. In tali casi, la torre rimane alla Marina Militare mentre il resto della struttura può essere trasformato ad esempio in un hotel o in un agriturismo. Ad occuparsene è la Difesa Servizi Spa, il braccio economico diciamo delle forze armate”.
Tra Pietra reggina e gabbia di Faraday
Capo d’Armi è anche un gioiellino dal punto di vista storico: il pavimento del faro, infatti, così come le scale sono interamente realizzati in pietra di Lazzaro, la famosa “pietra reggina”, tutto risalente al 1867 quando è stata fatta la prima accensione.
Un dettaglio tecnico cruciale inoltre è la presenza della gabbia di Faraday. Questa struttura in metallo circonda il faro come un’armatura invisibile, proteggendolo dai fulmini. La gabbia di Faraday scarica l’energia elettrica direttamente al suolo, evitando danni ai delicati sistemi elettronici e meccanici interni. Come spiega il personale della Marina: “Le barre di ferro che cingono il faro fanno parte della gabbia. Serve a proteggere l’impianto da scariche elettriche, incanalandole in modo sicuro. È un sistema fondamentale per una struttura che, per sua stessa natura, attira fulmini”.
Un faro strategico anche per gli aerei e le intercettazioni
Capo d’Armi non è solo un punto di riferimento per le navi. È anche un faro di atterraggio. La sua luce infatti è anche un ausilio alla navigazione aerea, servendo da riferimento visivo per le rotte degli aerei diretti agli aeroporti di Reggio Calabria e Catania.
La sentinella di Lazzaro è utilizzata anche per le “intercettazioni” di giustizia. “E’ un servizio che si chiama ‘ospitalità’. Quando, ad esempio, c’è un’indagine in corso – ha rincarato Versace – la polizia giudiziaria chiede di collegarsi per un tot di tempo, tecnicamente chiede ‘ospitalità al comando’ per usufruire dei contatori e delle antenne di trasmissione audio e radio”.
Un viaggio tra torri e memorie di guerra
Alle spalle del faro, salendo di qualche centinaio di metri, il paesaggio si apre sull’intera costa reggina. È qui che sorge una stazione semaforica utilizzata fino alla Seconda Guerra Mondiale e una torre cinquecentesca, parte del sistema difensivo costiero.
“Ovviamente, erano delle torri che permettevano una prima blanda difesa ma che servivano soprattutto come punti di avvistamento lungo la costa” ha spiegato il presidente de Il Giardino di Morgana, lo storico Domenico Guarna.
“Non erano sistemi pensati per resistere agli assedi ma per avvistare le minacce e comunicare velocemente via segnali luminosi o fumo con le altre torri lungo la costa. Un sistema efficiente e interconnesso, parte di un sistema difensivo di continuità in cui ogni torre era in contatto con le altre” ha aggiunto Guarna. “Testimoni della lunga storia difensiva della nostra terra, le cui coste ancora nel ‘500 erano molto pericolose perché soggette a frequenti incursioni dei Saraceni, un insieme di popolazioni, accomunate dalla lingua, dalla religione, che utilizzavano le coste non tanto per occuparle ma per saccheggiarle di generi alimentari, di esseri umani e soprattutto di acqua, necessaria per riprendere la navigazione”. Nello stesso punto, “dove si trova la torre più antica venne installata – ha proseguito il presidente – un’altra forma di difesa: la stazione semaforica in servizio fino alla Seconda Guerra Mondiale”.
Un patrimonio da conoscere e valorizzare
Il faro di Capo d’Armi non è solo una struttura operativa: è un tesoro storico, architettonico e paesaggistico che resiste quale simbolo della continuità tra passato e presente.
“Aprire queste strutture alla cittadinanza, rappresenta un esempio virtuoso di valorizzazione territoriale e turismo culturale. Poterle visitare e ammirare – ha concluso Guarna – rappresenta una vera e propria immersione nella storia e nelle bellezze della nostra terra, che ci fanno riscoprire l’anima nascosta di luoghi che nell’immaginario collettivo sembrano inaccessibili e invece sono un patrimonio vivo, da conoscere e valorizzare”.
Guarda il video sul funzionamento dell’ottica rotante che accende magicamente il faro di Capo d’Armi:
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