La storia di Reggio a ritroso: da Italo a re Italo
L'originale storia "a ritroso" di Reggio Calabria: un viaggio che parte dai giorni nostri per arrivare al re che diede il nome a tutta l'Italia
Proprio dalla metrica del titolo di questo articolo mi è sorta l’idea di una storia presentata con una cronologia a ritroso, dagli avvenimenti più recenti a quelli più remoti, collegandoli tramite non le conseguenze dei fatti precedenti bensì le cause dei fatti successivi.
A chi piacciono i tempi verbali composti e trapassati: buona lettura!
La bellezza di cui gode oggi la città, oltre agli splendidi paesaggi naturali, è principalmente derivata dal periodo della cosiddetta Primavera di Reggio, negli anni ’90 del XX secolo, durante la quale l’allora sindaco diede inizio ad un rinnovato interesse per l’urbanistica, anche spronato dalle attività delle associazioni di volontariato.
Il deterioramento (sico e identitario della città, durato oltre vent’anni, e temporalmente situato nella seconda metà del periodo di urbanizzazione selvaggia reggina, era iniziato appena dopo i Moti di Reggio, rivolta del ’70-’71 durante la quale i cittadini avevano espresso il loro disappunto per l’elezione di Catanzaro a capoluogo della appena istituita Regione Calabria.
Precedenti disordini erano stati nel 1943, durante i bombardamenti eseguiti dagli eserciti britannico e statunitense, che fortunatamente non lesero irrimediabilmente gli edifici. Quest’azione derivava dal voler colpire lo stato fascista Italiano: il paese era infatti sotto questa dittatura già dal 1922.
Prima di allora la Calabria e l’intero Mezzogiorno erano stati vessati e depauperati dai colonialisti piemontesi benché la conquista della colonia fosse spacciata per unificazione, di fatto inesistente: i reali del Nord avevano seguito la numerazione precedente, senza proclamarsi come primo re d’Italia, come ovvio e naturale in ogni unificazione che ci sia stata in Europa, e i corpi di polizia ancor oggi esistenti vennero fondati in Piemonte (dove si parlava una lingua di ceppo francese) prima del 1861 e quindi, evidentemente, non in Italia.
Quella fascista, come le altre dittature europee del periodo, era iper-nazionalista e si adoperava per infrastrutture, edifici e linee di trasporto; cosa che si era resa necessaria, a Reggio, a seguito del violento sisma che, nel 1908, distrusse questa e la dirimpettaia Messina, mietendo oltre centomila vittime fra le due città.
L’idea di colonizzare il Mezzogiorno derivava dal fatto che ad un indebitato Regno Piemontese corrispondeva un Regno delle Due Sicilie prospero e tecnologico, che includeva ad esempio la più antica università pubblica al mondo, importanti attività minerarie e forestali, cantieri navali e ferroviari all’avanguardia, la più grande seteria d’Europa, la principale acciaieria d’Italia, la più vasta reggia al mondo, la più importante Banca della nazione, che avrebbe emesso moneta anche per la neo Italia; tutte attività – università e reggia a parte – che sarebbero state eliminate dai conquistatori.
Durante il periodo napoletano Reggio era stata ricostruita con un’urbanistica a maglia quadra di vie parallele e ortogonali, che ne aveva abbattuto le antiche mura e realizzato il lungomare (che nel XX secolo sarebbe divenuto noto come “il più bel chilometro d’Italia“); ciò a seguito della distruzione causata da un terremoto che, a più riprese, aveva colpito l’area nel 1783, così com’era accaduto a molti borghi e cittadine della Calabria.
Questo regno, appena dopo il breve periodo francese, da cui proviene gran parte dell’attuale suddivisione amministrativa, derivava dall’unificazione (questa, sì, effettiva – nel 1816 il re fu nominato I del nuovo stato benché fosse IV del precedente) del Regno di Napoli e del Regno di Sicilia, che si erano indipendentizzati dai regnanti spagnoli nel 1759.
Durante il periodo spagnolo, che andava indietro sino al XIV secolo, si erano alternati Aragonesi e Angioini; i primi avevano attuato opere difensive, ingrandendo il Castello reggino e costruendo due torri e un rivellino, nel 1459, pochi anni prima di un sisma che portò alla modifica del litorale reggino; i secondi avevano per lo più accentrato il benessere a Napoli, lasciando la Calabria in mano alle baronie locali.
È d’obbligo ricordare la presenza, sino ai primi del ‘500, della comunità Ebraica, sita nella Giudecca di Reggio e di altre cittadine o borghi, la quale portava avanti produzione e commercio della seta, vantando inoltre, nel 1475, la prima stampa al mondo di un libro a caratteri ebraici (ora conservato in una biblioteca emiliana).
Prima del relativamente lungo periodo spagnolo c’erano stati gli Svevi, con l’illuminato imperatore dei quali nel 1234 era stata fondata la Fiera di Reggio, e prima ancora i Normanni, che avevano realizzato molte chiese (come la Cattedrale di Gerace) e fortificazioni (come quella dell’Amendolea) spesso presso preesistenti opere bizantine. Questi ultimi, sotto i quali si passò dall’alfabeto greco a quello latino e dal rito cristiano costantinopolitano a quello romano, si erano trovati a combattere contro i Bizantini in Calabria e contro gli Arabi in Sicilia.
Mentre la penisola veniva da quasi 5 secoli di appartenenza all’Impero di Bisanzio l’isola, con circa 2 secoli di presenza araba, era infatti l’Emirato di Sicilia.
Gli Arabi avevano di volta in volta conquistato parti della Calabria, che ha beneficiato delle loro introduzioni in ambito agricolo (melanzana, agrumi), gastronomico (gelato) e ingegneristico (sistemi d’irrigazione). I Bizantini avevano dal canto loro rafforzato l’anima greca dell’antico Bruzio, rinominato ‘Calabria‘, promuovendo lo studio e la trascrizione dei testi antichi e realizzando monasteri (ancora utilizzato quello di Bivongi), chiese (famose quelle di Stilo e di Gerace) e fortificazioni (come quella ben conservata di Santo Niceto) in tutto il territorio.
Studiosi, religiosi e soldati provenienti da Nord Africa, Medio Oriente, Balcani e anche Caucaso, come gli Armeni, si erano insediati nella Calabria meridionale durante il periodo bizantino e Reggio era la Metropoli dei possedimenti italiani, ovvero la principale sede religiosa.
Precedentemente il Bruzio aveva ricevuto la visita di popolazioni provenienti dal Nord Europa, quali Vandali, Goti e Longobardi, nel periodo di poco successivo alla caduta dell’Impero Romano d’occidente. Roma aveva conquistato il Bruzio già agli inizi del III secolo a.C., dotandolo di una strada, che sarebbe stata utilizzata per secoli, che collegava Regium a Capua (e da lì a Roma) e di un importante porto ubicato sulla sponda orientale dello Stretto.
I Romani non erano comunque riusciti a latinizzare il Bruzio, che aveva secoli di cultura ellenistica alle spalle: tra periodi in cui si alternarono la Polis, i tiranni di Siracusa e la repubblica, Rhegion aveva trascorso 5 secoli sotto l’influenza greca. In questo periodo la città, in seguito definita “illustre”, si era distinta per la presenza di Accademie di scultura, poesia, musica e anche della sede reggina della Scuola Pitagorica di Kroton.
I Greci erano arrivati nel 730 o nel 743 a.C., provenienti dall’isola di Kalkis, e approdati sul promontorio costiero del Pallántion, dove, come aveva loro suggerito l’oracolo, avevano trovato un maschio (albero di fico) e una femmina (pianta di vite) avvinghiati.
Il territorio ove si erano recati in fuga da cambiamenti delle condizioni climatiche che in quel tempo rendevano difficile l’agricoltura nella penisola ellenica, si chiamava Enotria o Ausonia nonché Italia. Nell’VIII secolo a.C. l’Italia corrispondeva infatti l’attuale Calabria meridionale, toponimo che i Greci avrebbero poi espanso all’intera penisola calabrese e, successivamente a quella italiana, nonché, in epoca romana imperiale, avrebbe incluso anche la Gallia Cisalpina, attuale area padano-alpino-triveneta.
Itali, Opici, Osci, Enotri, Ausoni, Mamerti, Bretti, Morgeti, Taureani; erano queste le prime popolazioni italiche di cui abbiamo menzione storiografica – da parte di storici ellenici e siculi – che abitavano la Calabria, per i quali sono stati tramandati nomi di alcuni scultori e regnanti, indietro sino al mitologico re (ma, considerando il maschilismo degli autori greci successivi, sarebbe potuto trattarsi di una regina) fondatore di Reggio.
Siate quindi sempre orgogliose ed orgogliosi di essere nate/nati, di abitare o anche solo di visitare la città che diede i natali all’Italia.
Alessandro Gioffrè d’Ambra
storico della scienza e naturalista