La valigia di chi resta

Chi va via si carica sulle spalle il coraggio e l’incertezza, chi resta si ritrova con un vuoto da colmare, invisibile ma altrettanto profondo

valigia

È pesante la valigia di chi parte, ma anche quella di chi resta.

Piena di attese, scadenze da rimandare, parole non dette. Quelle di chi rimane in una casa dopo un abbraccio alla stazione, dopo un ultimo sguardo dal finestrino, dopo un “ci sentiamo presto”.

Chi resta vive una nostalgia quotidiana, piccole cose che si ripetono. La monotonia che si fa cerchio. Una stanza rimasta com’era, il profumo di un caffè senza compagnia, la mancanza di chi conta nei giorni importanti.

Nessuno insegna come si fa a essere famiglia a distanza, e tutti si trovano a fare i conti con la stessa realtà. Figli, fratelli, compagni che partono per cercare altrove quello che qui sembra impossibile.

E mentre chi va via si carica sulle spalle il coraggio e l’incertezza, chi resta si ritrova con un vuoto da colmare, invisibile ma altrettanto profondo.

Dietro le statistiche sull’occupazione ci sono migliaia di storie private e incredibilmente dolorose. Madri che imparano a gestire il silenzio di un pranzo, padri che aspettano una telefonata, nonni che vedono crescere i nipoti attraverso uno schermo.

Si impara a usare meglio le videochiamate, a scrivere messaggi pieni d’affetto in poche righe. Si diventa forti, creativi nel mantenere i legami. Ma non è lo stesso. Il contatto fisico, la presenza tangibile, il semplice esserci… tutto questo la tecnologia non può sostituirlo.

Cosa significa davvero progresso? Solo crescita economica? Non dovrebbe riguardare anche la qualità della vita, comunità, relazioni? Ecco di cosa abbiamo veramente bisogno. Poter scegliere di restare.

Eppure scegliere non sempre si può. Si può solo andare avanti. Perché l’amore, anche da lontano, resiste. Cambia forma, si adatta, ma non si arrende. Chi parte spesso si sente in colpa per ciò che lascia, chi resta diventa forte per non far pesare a chi è partito la propria malinconia. È un equilibrio fragile, sostenuto dalla speranza che un giorno ci si riabbraccerà senza più dover misurare la distanza.

Dietro ogni valigia che si chiude c’è un desiderio che accomuna chi parte e chi resta: la voglia di potersi ritrovare, un giorno, nella stessa città.

È pesante la valigia di chi parte, sì. Ma anche quella di chi resta.

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