Le Mille e Una Notte, messaggio di pace

Può una fiaba ben narrata salvarci dall’ora più buia?

Le Mille e una notte

Qualche tempo fa ho avuto l’onore di trascorrere del tempo con Hafez Haidar. Candidato al Nobel per la Pace e per la Letteratura. Considerato il massimo traduttore al mondo della lingua araba in italiano, ha curato numerose opere di Khalil Gibran e firmato per Mondadori la traduzione più importante de Le Mille e Una Notte, rimasta a lungo fra i bestseller nel nostro Paese.

Di gentilezza rara, ha risposto con pazienza ad una mia lunga intervista che si è poi trasformata in un libro, Hafez Haidar, il poeta della pace, edito da Leonida Edizioni e da me curato insieme a Francesca Tuccio per la collana Vite straordinarie.

Quando si parla de Le Mille e Una Notte, il pensiero vola verso mondi incantati, lampade magiche, sabbie dorate, mercanti astuti e sovrani capricciosi. Ma dietro lo scintillio delle storie e il fascino dell’esotico si cela un cuore pulsante fatto di valori umani profondi, tra cui uno – spesso sottovalutato – risplende come un filo d’oro nella trama: la pace.

In un’epoca come la nostra, lacerata da guerre e divisioni, rileggere questo monumento della letteratura mondiale con uno sguardo nuovo diventa un esercizio non solo letterario, ma etico.

Perché Le Mille e Una Notte – che pure nascono in un contesto attraversato da potere, conflitti e vendette – custodiscono una saggezza antica, in cui la pace non è solo assenza di guerra, ma conquista dell’equilibrio, del perdono, dell’ascolto e della giustizia.

Il primo e più emblematico esempio lo troviamo proprio nell’intelaiatura della narrazione: la storia della principessa Shahrazād, che riesce a porre fine a un ciclo di violenza attraverso l’arte del racconto. Il re Shahriyār, tradito dalla moglie, ha scelto di vendicarsi su tutte le donne del regno, sposandole per poi ucciderle all’alba. Ma Shahrazād interrompe questa spirale non con un’arma, bensì con la parola. Raccontando ogni notte una storia nuova, piena di umanità e sapienza, disarma l’odio del re e riporta la pace nel regno.

Shahrazād non si ribella con la forza, ma con l’intelligenza. Non impone, ma propone. E nel farlo, ci ricorda che anche nei sistemi più crudeli, una voce coraggiosa può cambiare il destino di tutti. La sua è una diplomazia dell’anima, non diversa da quella che oggi i grandi della Terra sembrano aver dimenticato.

Dentro le singole novelle – come quella di “Ali Baba e i Quaranta Ladroni” o di “Il mercante e il genio” – il tema della pace si nasconde tra le pieghe della giustizia, della misericordia, dell’ingegno. Molte storie raccontano di conflitti tra uomini, tra popoli, tra mondi visibili e invisibili. Ma l’esito è quasi sempre lo stesso: chi sa ascoltare, chi perdona, chi cerca il dialogo, alla fine prevale. E chi invece si abbandona all’ira cieca, all’avidità o alla vendetta, è destinato alla rovina.

Con delicatezza, ma senza edulcorare, il lettore viene trasportato nella Bagdad dell’immaginario, nei cortili del Califfo Harun al-Rashid, nei deserti incantati, nelle città popolate da mercanti, geni e principesse, conservando tutto il fascino e la complessità di quei mondi. La traduzione di Haidar restituisce al lettore italiano l’anima più autentica di quei racconti, filtrandoli con uno sguardo profondo, umano, spirituale. E lo fa con un’attenzione rara alla musicalità, alle sfumature culturali, alla stratificazione dei significati che ogni favola racchiude.

Oggi che l’eco delle guerre risuona in tutto il mondo, quelle antiche storie orientali ci riportano all’essenziale. Ci dicono che la pace non è un miracolo, un concetto astratto né una retorica da conferenze internazionali, ma una scelta che passa per la cultura e si costruisce nella comprensione.

In questo senso, Le Mille e Una Notte diventano un messaggio universale: un inno alla convivenza tra diversi, un appello a superare il pregiudizio, un invito a fidarsi dell’altro anche quando tutto sembra suggerire il contrario.

Questo lavoro di traduzione infatti non è solo un omaggio a una delle più grandi raccolte narrative della storia, ma soprattutto un atto di mediazione tra due mondi. Da sempre promotore del dialogo interreligioso e interculturale, Haidar usa la traduzione come strumento di diplomazia culturale. Le sue parole non sono solo lettere sulla pagina: sono ponti, sono inviti all’ascolto, sono gesti di riconciliazione tra lingue, popoli e mondi.

E in questo, c’è qualcosa di straordinariamente attuale. In un mondo che ha perso la capacità di raccontarsi senza odiarsi, Le Mille e Una Notte nella voce di Hafez Haidar ci ricordano che la narrazione è l’antidoto all’ignoranza, che la bellezza può salvare, e che ogni lingua, se usata con amore, può diventare casa per ognuno di noi.

Forse oggi, come allora, sarà ancora una storia raccontata a notte fonda a salvarci tutti. 

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