Paola Barbato porta i lettori ne “La torre d’avorio”
Ieri pomeriggio la presentazione dell'ultimo romanzo della pluricollaudata scrittrice dell'inquieto ospite della libreria Ave di Reggio Calabria
Una torre fatta d’avorio, un simbolo delle paure recondite o un luogo d’espiazione. A portarci dentro il lettore ci ha pensato Paola Barbato, pluricollaudata scrittrice dell’inquieto, ospite della libreria Ave di Reggio Calabria per la presentazione del suo ultimo romanzo “La torre d’avorio”, Nero Pozzi editore.
Un evento moderato da Alexandrina Scoferta e animato dalle curiosità delle domande del gruppo di lettura della libreria e del pubblico presente.
La protagonista
“Puoi scappare da chi sei stata. Ma quello che hai fatto ti seguirà” spiega la copertina del romanzo. Frasi che suonano come porte che non si possono chiudere, capitoli di una vita che sono condanne non filtrate. Una tela di pagine che parte dalla scoperta della protagonista, Mara.
«Chi fa il mio mestiere – afferma l’autrice – come in una ragnatela trova situazioni e storie in cui alla fine resta impigliato».
Nel libro anche l’io narrante ha una forma particolare, esso muta a seconda dei personaggi di cui parla. Come chiarisce Barbato «È un piccolo esercizio di stile che aumenta l’empatia tra lettore e personaggio».
I personaggi
Per riuscire ad accompagnare il lettore nei suoi mondi, fatti di ossessioni e compulsioni, la scrittrice esplora le menti. Indagini che nella carriera (di fumettista e sceneggiatrice) l’hanno portata a narrare con disinvoltura di protagonisti anche cattivissimi. «I personaggi sono tutti figli miei: alcuni di loro li amo, altri li odio. Tendo ad essere oppositiva coi personaggi buoni, tendo a distruggerli. Scrivo anche di persone orrende, quando mi calo nei loro panni non esprimo giudizi. Resta il fatto che non posso essere giudicante nei loro confronti e questa cosa mi tutela. Di un personaggio cattivo non condivido il modo di pensare, ma so perché lo pensa e lo scrivo non mi turba. E poi – precisa – le parti dure le racconto e basta, senza indugiare. Un fatto è un fatto e va narrato così».
I legami
Un romanzo che parla di legami e di amicizia tra donne, suggellata da un percorso di cura in una residenza per accogliere le persone affette da disturbi mentali, tutte autrici di reati, come la protagonista, a cui viene applicata dalla magistratura la misura di sicurezza.
«Rapporti dietro ai quali c’è una grossa costruzione – chiude Barbato – chi vive un trauma insieme crea un legame profondo. Succedeva ai tempi dei nostri nonni per chi aveva fatto la guerra insieme, il legame che si creava era più forte e andava oltre al sociale. E anche qui, come “La livella” di Totò, essere rinchiuse in un ospedale rende tutte uguali, per la sopravvivenza comune, cercare una collocazione al di fuori dalle bolle».
La discussione con l’autrice è stata particolarmente partecipata, suggellata dal firmacopie finale.