Reggio Calabria di nuovo in piazza per Gaza

Domani 6 giugno una mobilitazione dal basso: alle 18:00 il corteo per la pace dalla scalinata del teatro Cilea a piazza Duomo

Palestina bandiere

Ancora una volta Reggio scende in piazza, dimostrando che quando c’è da unirsi per una causa comune e importante la città risponde presente. Domani, venerdì 6 giugno, alle ore 18:00, ci si ritroverà in piazza per Gaza, con una manifestazione apartitica, collettiva e urgente che partirà dalla scalinata del Teatro Cilea e si concluderà in Piazza Duomo.

L’iniziativa, promossa dal Coordinamento Pro Palestina reggino e aperta a singoli, attivisti e realtà associative, nasce come risposta alla drammatica situazione umanitaria nella Striscia di Gaza per dire basta al genocidio e alla perdurante complicità del governo italiano nei confronti delle politiche israeliane.

Alecci: “Una mobilitazione dal basso, senza sigle”

“Non ci sono sigle, solo voci. È una mobilitazione dal basso, unitaria, trasversale e determinata organizzata durante un’assemblea del Coordinamento pro Palestina reggino con organizzazione condivisa con altre associazioni, cittadini. Una manifestazione non legata a nessuna sigla o partito e con carattere unitario che vede persone anche di altre realtà o indipendenti, compresa la Community creatasi con le iniziative pro Palestina dei giorni scorsi, aggregarsi per una causa comune” esordisce Simone Alecci, rappresentante ANPI Sezione Condò all’interno del Coordinamento Pro Palestina reggino.

Un corteo per rompere il silenzio e dire basta al genocidio

“La manifestazione avrà inizio presso la scalinata del teatro comunale Cilea che sarà il punto di raduno e poi ci sposteremo verso piazza Duomo. Sarà un corteo simbolico in cui si prenderanno bandiere e ci si farà sentire anche nel corso della stessa marcia, portando avanti le istanze che abbiamo indicato” spiega Alecci.

“Ovvero, innanzitutto, il cessate il fuoco immediato e lo stop al genocidio che è innegabilmente in corso. Ma anche il riconoscimento dello Stato di Palestina, il boicottaggio attivo delle aziende che lucrano sulla guerra e la fine della cooperazione militare ed economica con Israele. Ricordiamo, infatti, che l’Italia è uno dei paesi dell’Unione europea e della minoranza tra l’altro che si è opposta a una sospensione o ripensamento del memorandum tra Unione europea e Israele”.

Per cui “chiediamo l’interruzione dei rapporti militari tra Italia e Israele, un blocco degli armamenti e una posizione chiara delle istituzioni locali e nazionali. Siamo stanchi di un governo che finanzia e sostiene politiche di apartheid e genocidio”, sottolinea Alecci.

Boicottaggio attivo e responsabilità individuale

Un aspetto centrale della mobilitazione è la pressione economica come strumento di resistenza civile.

“Verrà richiesto di fare uno sforzo sia collettivo che individuale, nel senso che noi, in quanto consumatori/consumatrici, abbiamo il potere di indebolire economicamente Israele perché in una società soprattutto capitalistica far mancare i profitti a un’azienda significa che la stessa per sopravvivere sul mercato è vincolata ad abbandonare quelle scelte di grave complicità, dal momento, appunto, che non ci sono più acquirenti, non ci sono più guadagni. Bisogna esercitare una forte pressione in questo senso” rincara Simone Alecci.

E sottolinea come vi siano delle realtà impegnate (come BDS) nel promuovere liste di boicottaggio sempre aggiornate per evitare un approccio dispersivo con degli obiettivi prioritari.

“Proprio nel marzo di quest’anno è stata riformulata una nuova lista delle aziende prioritarie da boicottare, tra cui Hewlett Packard, HP, poiché fornisce tutta la strumentazione informatica e tecnologica direttamente agli apparati militari polizieschi israeliani. Ma oltre questo marchio, quando si va al supermercato occorre fare molta attenzione anche alla provenienza di prodotti da Israele, che vanno lasciati sullo scaffale” aggiunge il rappresentante del comitato.

Non è solo una questione politica: è una scelta etica e quotidiana. Possiamo colpire economicamente chi lucra sul genocidio”.

L’appello alle istituzioni: “Non possiamo più tacere”

“In Europa, ci sono molti paesi oggi con una posizione di mezzo che comunque non è sufficiente e paesi invece che hanno intrapreso la strada giusta, quali la Spagna, l’Irlanda, in misura minore anche il Belgio e la Slovenia. Anche l’Italia deve prendere posizione” evidenzia infine Alessi, sottolineando come ci sia una spinta che proviene dal basso, oltre che dai cittadini, anche da diverse regioni italiane, come la Puglia e più recentemente l’Emilia Romagna che hanno interrotto i rapporti commerciali con Israele e da tante amministrazioni locali. “A breve partirà una raccolta firme, qui a livello territoriale, affinchè si attui una posizione più coraggiosa rispetto a quelli che sono i rapporti in essere, soprattutto di stampo commerciale. Serve una rottura, una presa di posizione coraggiosa”.

Nel frattempo, non si può restare in silenzio, perché anche l’inerzia “significa essere complici. E noi – conclude Alecci – alzeremo ancora una volta la nostra voce collettiva contro l’apatia istituzionale, rivendicando la pace, la dignità e la giustizia per il popolo palestinese”.

Share via