San Giorgio e il drago
Il culto di San Giorgio a Reggio Calabria è antichissimo e risale agli inizi dell’XI secolo quando l’emiro Bonavert assediò la città che si liberò grazie all’aiuto del cavaliere sul bianco destriero
Dopo l’incontro con la potente fata Morgana, apparsa sulle acque dello Stretto col suo cocchio tirato da sette cavalli bianchi per offrirgli un magico aiuto per liberare la Sicilia dagli Arabi, Ruggero il Normanno si lanciò nella difficilissima impresa, munito solamente della forza del suo esiguo esercito e della fervente fede in Dio e nei santi.
Ci mise molti anni a conquistare l’intera isola, ma alla fine fu proprio con l’aiuto di San Giorgio che portò a compimento l’arduo progetto iniziato nel 1061.
Si narra, infatti, che, una volta occupata stabilmente buona parte della Sicilia, giungendo anche alle porte di Palermo, il conte Ruggero fosse rientrato in Calabria.
L’assedio di Bonavert
I Saraceni, però, non lasciarono tranquilli i Normanni e nel 1086, l’emiro Bonavert, che aveva base in Siracusa, sbarcò a Reggio, sul promontorio di Calamizzi, con l’intento di assediare il Castello aragonese. Non riuscendo nel suo proposito, cieco dalla rabbia e dal desiderio di vendetta, mise a ferro e fuoco il monastero di S. Niccolò e la chiesa di San Giorgio, facendo incetta di prigionieri, non risparmiando neanche le monache e distruggendo persino statue e mutilando ogni sacra effigie.
Proprio da questo episodio, nacque il famoso detto popolare reggino “ti cumbinasti comu i santi i Riggiu”.
La lotta e l’intervento del cavaliere misterioso
Quando il conte Ruggero venne a conoscenza dei tremendi misfatti compiuti dall’emiro e dai suoi soldati, decise di affrontarlo, inseguendolo mentre tentava la fuga in mare. Fu una lunga e sanguinosa battaglia, i Saraceni sembravano invincibili. Quando, improvvisamente, in soccorso di Ruggero e del suo esercito, apparve un cavaliere, sopra uno splendido e bianco destriero, brandendo una lancia sfolgorante. Ciò mise subito lo scompiglio tra i Saraceni e per Bonavert non ci fu più niente da fare. Ruggero e i Normanni riuscirono così a ribaltare l’esito dello scontro, sconfiggendo l’emiro, che affogò miseramente tra le onde dello Stretto, ed entrando trionfanti in Siracusa, tra rulli di tamburi e campane in festa.
Il culto di san Giorgio
Quel paladino misterioso era San Giorgio, il santo cavaliere che, in nome di Dio, aveva liberato le antiche popolazioni dalla schiavitù, uccidendo il drago. E che, dopo aver sacrificato la propria vita al servizio dei deboli, dei poveri e degli indifesi, nell’infinita lotta tra il bene e il male, aveva giurato eterna protezione a chiunque lo avesse invocato e venerato.
In questo modo fantastico nacque il culto di San Giorgio a Reggio, la cui figura spicca nel “Gran Sigillo dell’Urbe Reggina”, nello stemma e nel gonfalone del comune “in atto di ferire con la lancia il drago, sinistrato da una donzella genuflessa in manto e corona reale, sormontata da raggi di luce”. Una devozione antichissima verso il santo cui furono dedicate molte chiese, tra cui quella di San Giorgio al Corso, dove con atto solenne ai piedi dell’altare a lui dedicato, si svolgevano le elezioni dei tre sindaci che avrebbero governato il comune.
Oggi, come allora, il 23 aprile di ogni anno, la città rende onore al suo patrono nella giornata a lui dedicata.