Scipione Cicala, il rinnegato
La storia del temuto corsaro cantato anche da De Andrè che nel Cinquecento saccheggiò Reggio diventando il terrore dei suoi abitanti
Nella seconda metà del ‘500 non era solo la peste a preoccupare i reggini ma anche le incursioni dei pirati. Furono molte e devastanti, ma, alcune lasciarono il segno più delle altre, come quella operata da Scipione Cicala.
Le origini del corsaro
Sulla vita del Cicala (protagonista anche di una nota canzone di Fabrizio De Andrè, Sinàn Capudàn Pascià) si avvicendano i racconti, alcuni lo vogliono nato a Genova da una famiglia molto influente, altri a Messina, figlio di un noto corsaro.
Narrano le leggende che, ancora ragazzo, si ritrovò imbarcato alla volta della Spagna, quando, nei pressi di Messina, la nave fu abbordata dai pirati turchi che fecero razzia e rapirono tutti i giovani presenti, compreso Cicala, per portarli a Costantinopoli. La scelta era abiurare il cristianesimo e arruolarsi nei loro eserciti o la morte.
Scipione era troppo giovane per morire, così abbracciò l’islamismo ed entrò nei Giannizzeri, diventando Hassan Cicala, il Rinnegato.
L’ascesa tra i pirati e il primo assalto a Reggio
Bello e con doti militari fuori dal comune, Cicala non ci mise molto ad entrare nelle grazie del sultano.
Poco tempo dopo era a capo della flotta corsara saccheggiando e distruggendo tutte le terre che incontrava lungo il suo percorso.
Era il 1584 quando sbarcò a Reggio per la prima volta, mettendo a ferro e fuoco la città e diventando il terrore dei reggini.
Il ritorno e il fallito stratagemma del “nano”
Con il bottino vittorioso tornò a Costantinopoli e venne nominato pascià. Poi fu la volta degli austriaci e degli ungheresi, ma all’alba del nuovo secolo, il Rinnegato tornò a Reggio, per completare l’opera iniziata tanti anni prima.
Stavolta però la città era ben difesa e rispose all’incursione con un fitto cannoneggiamento.
Il Cicala fu costretto a recedere nella rada di Motta e decise di tentare la conquista attraverso uno stratagemma. Incaricò uno dei suoi uomini, un nano sardo molto scaltro, di travestirsi da soldato spagnolo ed introdursi nei cunicoli del castello, facendo saltare in aria la polveriera, così, nella confusione, i pirati avrebbero raggiunto indisturbati la città.
La sconfitta definitiva
Ma andò male, perché il nano in quei cunicoli rimase incastrato e, una volta catturato, confessò e poi fu strangolato. Nonostante l’insuccesso, il pascià non desistette e tentò di prendere Reggio con la forza.
I reggini, tuttavia, combatterono valorosi e al Rinnegato, sconfitto a Sant’Agata, non rimase che radunare i suoi uomini e abbandonare la città.
La fine del Cicala
Così finisce la storia del Cicala. Poco tempo dopo si seppe della sua morte a Costantinopoli.
I reggini resero grazia alla madonna.